sabato 25 febbraio 2012

Cittadinanza Italiana

Riporto qui di seguito quanto stabilito dal Ministero dell'Interno per ottenere la cittadinanza italiana, ma invito comunque gli allievi del corso di Italiano per Stranieri a contattare la Questura o altri organi competenti in materia, che possono fornire loro tutte le informazioni di cui necessitano.

Buona lettura!

Concessione della cittadinanza

Concessione della cittadinanza italiana a cittadini stranieri coniugati con italiani e a cittadini stranieri residenti in Italia

PER MATRIMONIO CON CITTADINO ITALIANO  (Articolo 5 della Legge 91/92 e successive modifiche e integrazioni)

La cittadinanza, ai sensi dell’articolo 5 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 e successive modifiche e integrazioni, può essere concessa per matrimonio, in presenza dei seguenti requisiti:
  1. Il richiedente, straniero o apolide, deve essere coniugato con cittadino italiano e risiedere legalmente in Italia da almeno 2 anni dalla celebrazione del matrimonio
  2. Se i coniugi risiedono all'estero, la domanda può essere presentata dopo tre anni dalla data di matrimonio
Tali termini sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.
Al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza non deve essere intervenuto scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e non deve sussistere la separazione personale dei coniugi.

PER RESIDENZA IN ITALIA (Art. 4, c.2 e art. 9 della Legge 91/92 e successive modifiche e integrazioni)

La cittadinanza, ai sensi dell' articolo 4, c.2 e dell'art. 9, della Legge 91 del 5 febbraio 1992 e successive modifiche e integrazioni, può essere concessa:
  • Allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni (art.9,c.1 lett.a)
  • Allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio italiano da almeno cinque anni successivamente all’adozione (art.9, c.1, lett. b)
  • Allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato italiano (art.9 c.1, lett.c)
  • Al cittadino di uno Stato U.E. se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio italiano (art.9 c.1, lett.d)
  • All’apolide e al rifugiato che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio italiano (art.9 c.1, lett.e) combinato disposto art.16 c.2) (*)
  • Allo straniero che risiede legalmente da almeno 10 anni nel territorio italiano (art.9 c.1, lett.f)
  • Allo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data (art.4, c.2).
(*) Ai sensi dell’articolo 16, lo straniero riconosciuto rifugiato dallo Stato italiano è equiparato all’apolide ai fini della concessione della cittadinanza
I figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza (art 14 L.91/92).

Riconoscimento della cittadinanza italiana in base a leggi speciali

Ai sensi dell’art. 1 della legge 379/2000 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.295 del 19/12/2000 è previsto il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori dell’ex Impero Austro-ungarico ed ai loro discendenti , in possesso dei seguenti requisiti:
  • nascita e residenza nei territori facenti parte della provincia di Trento, Bolzano,Gorizia ed in quelli già italiani ceduti alle ex Jugoslavia in forza del Trattato di Pace di Parigi del 10/02/1947 e di Osimo del 10/11/1975
  • emigrazione all’estero prima della data del 16/07/1920
  • dichiarazione intesa ad ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana, da rendersi entro il 20/12/2010 davanti all’autorità diplomatico-consolare italiana se il richiedente risiede all’estero oppure davanti all’Ufficiale di stato civile del Comune se il richiedente risiede in Italia. La dichiarazione, unitamente a documentazione idonea a comprovare i requisiti di cui sopra, va trasmessa alla Commissione Interministeriale, istituita presso il Ministero dell’Interno, che esprime il proprio parere in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge.
Sulla Gazzetta Ufficiale del 28/03/2006 è stata pubblicata la legge 124/06 recante “Modifiche alla legge 91/92, concernenti il riconoscimento della cittadinanza italiana ai connazionali dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia e ai loro discendenti”.
La suddetta normativa prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana ai soggetti che hanno perso il nostro status civitatis a seguito dei Trattati di Parigi del 10/02/1947 e di Osimo del 10/11/1975 nonché ai loro discendenti, in presenza dei seguenti requisiti:
(a) nell’ipotesi in cui all’art.17 bis comma 1 lettera a) della legge 05/02/1992 n.91
  • cittadinanza italiana e residenza nei territori ceduti alla ex Jugoslavia alla data di entrata in vigore dei Trattati di Parigi e di Osimo
  • perdita della cittadinanza italiana per effetto degli anzidetti Trattati
  • appartenenza al gruppo linguistico italiano
(b) nell’ipotesi di cui all’art. 17 bis comma 1 lettera b) della legge 05/02/1992 n.91
  • documentazione comprovante la diretta discendenza del richiedente dai soggetti di cui alla lettera a) e conoscenza della lingua e cultura italiane
L’istanza intesa ad ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana è presentata all’Autorità diplomatico-consolare italiana se il richiedente risiede all’estero oppure all’Ufficiale di stato civile del Comune se il richiedente risiede in Italia. In ambedue le ipotesi l’istanza, unitamente a documentazione idonea a comprovare i requisiti di cui sopra, va trasmessa alla Commissione Interministeriale, istituita presso il Ministero dell’Interno, che esprime il proprio parere in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge.

venerdì 24 febbraio 2012

The Secret Garden

 

The Secret Garden

The Secret Garden is a novel by Frances Hodgson Burnett. It was published in 1911. It is one of Burnett's most popular novels, and is considered to be a classic of English children's literature.
Plot
A 10-year-old girl born and raised in India loses her wealthy British parents because of a cholera. Her parents didn't want her and she was looked after by Indian servants. Her name is Mary and she is angry, rude and obstinate. When her neglectful parents die she is returned to England to live at her uncle's castle. Her uncle, Mr Craven, is very distant due to the loss of his wife ten years before. Neglected once again, Mary begins exploring the estate and discovers a garden that has been locked . Soon she begins to lose her disposition and gradually comes to enjoy the company of Martha, one of the servants, of Ben Weatherstaff the gardener, and also that of a friendly boy who loves animals and flowers. She begins restoring the secret garden, and eventually discovers some other secrets of the manor. In fact she finds a small boy of her age, Colin, living in a hidden bedroom of the manor. They discover they are cousins: he is the son of Mr Craven; his mother died in childbirth, and he suffers from a problem with his spine.
Mary decides he needs fresh air and puts him into his wheelchair and brings him outside into the garden, the first time he's been outdoors in years.
Colin stands up out of his chair and finds that his legs are fine, though weak from disuse.He spends every day in the garden, becoming stronger.
One day Mr Craven hears voices inside the secret garden, finds the door unlocked and is shocked to see the garden in full bloom with children in it, and his son running.

mercoledì 22 febbraio 2012

Масленица

— Понедельник – Встреча
— Вторник – Заигрыш
— Среда – Лакомка
— Четверг – Разгуляй
— Пятница – Тёщины вечерки
— Суббота – Золовкины посиделки
— Воскресенье – Прощёное воскресенье

Масленица — народный праздничный цикл, сохранившийся на Руси с языческих времён. Обряд связан с проводами зимы и встречей весны. Главные традиционные атрибуты народного празднования Масленицы в России — блины и гулянья.
К обрядам начала нового годового цикла относится сожжение чучела Масленицы как уничтожение всего старого, обветшавшего, дряхлого и освобождение места для нового, молодого, лучшего

martedì 21 febbraio 2012

Lent and Shrove Tuesday

Ecco un interessante link per conoscere un po' meglio la tradizione inglese circa lo Shrove Tuesday e il periodo immediatamente successivo:

http://www.bbc.co.uk/religion/religions/christianity/holydays/lent_1.shtml#h2

domenica 19 febbraio 2012

Il discorso di M.L.King in Italiano

Riporto anche la traduzione in Italiano di "I have a dream"



Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività.
Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra.
Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un “pagherò” del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo “pagherò” permetteva che tutti gli uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità.
E’ ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo “pagherò” per ciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro obbligo, l’America ha consegnato ai negri un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: “fondi insufficienti”. Noi ci rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau delle opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per incassare questo assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e della garanzia di giustizia.
Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all’America l’urgenza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia.; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.
Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo.
Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.
Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste.
Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.
Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli.
E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti civili: “Quando vi riterrete soddisfatti?” Non saremo mai soddisfatti finché il negro sarà vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia.
Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai negri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande.
Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono:”Riservato ai bianchi”. Non potremo mai essere soddisfatti finché i negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.
Non ha dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.
Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.
E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.
Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.
Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.
Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere.
Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.
Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.
Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.
Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.
Ma non soltanto.
Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.
Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.
E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da
ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: “Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente”.

M. L. King "I have a dream"

Riporto qui di seguito il discorso di M.L.King per i corsisti del III livello che hanno visto il video a lezione...e per chi ha voglia di leggerlo.

I am happy to join with you today in what will go down in history as the greatest demonstration for freedom in the history of our nation.
Five score years ago, a great American, in whose symbolic shadow we stand today, signed the Emancipation Proclamation. This momentous decree came as a great beacon light of hope to millions of Negro slaves who had been seared in the flames of withering injustice. It came as a joyous daybreak to end the long night of their captivity.
But one hundred years later, the Negro still is not free. One hundred years later, the life of the Negro is still sadly crippled by the manacles of segregation and the chains of discrimination. One hundred years later, the Negro lives on a lonely island of poverty in the midst of a vast ocean of material prosperity. One hundred years later, the Negro is still languishing in the corners of American society and finds himself an exile in his own land. So we have come here today to dramatize a shameful condition.
In a sense we have come to our nation’s capital to cash a check. When the architects of our republic wrote the magnificent words of the Constitution and the Declaration of Independence, they were signing a promissory note to which every American was to fall heir. This note was a promise that all men, yes, black men as well as white men, would be guaranteed the unalienable rights of life, liberty, and the pursuit of happiness.
It is obvious today that America has defaulted on this promissory note insofar as her citizens of color are concerned. Instead of honoring this sacred obligation, America has given the Negro people a bad check, a check which has come back marked “insufficient funds.” But we refuse to believe that the bank of justice is bankrupt. We refuse to believe that there are insufficient funds in the great vaults of opportunity of this nation. So we have come to cash this check — a check that will give us upon demand the riches of freedom and the security of justice. We have also come to this hallowed spot to remind America of the fierce urgency of now. This is no time to engage in the luxury of cooling off or to take the tranquilizing drug of gradualism. Now is the time to make real the promises of democracy. Now is the time to rise from the dark and desolate valley of segregation to the sunlit path of racial justice. Now is the time to lift our nation from the quick sands of racial injustice to the solid rock of brotherhood. Now is the time to make justice a reality for all of God’s children.
It would be fatal for the nation to overlook the urgency of the moment. This sweltering summer of the Negro’s legitimate discontent will not pass until there is an invigorating autumn of freedom and equality. Nineteen sixty-three is not an end, but a beginning. Those who hope that the Negro needed to blow off steam and will now be content will have a rude awakening if the nation returns to business as usual. There will be neither rest nor tranquility in America until the Negro is granted his citizenship rights. The whirlwinds of revolt will continue to shake the foundations of our nation until the bright day of justice emerges.
But there is something that I must say to my people who stand on the warm threshold which leads into the palace of justice. In the process of gaining our rightful place we must not be guilty of wrongful deeds. Let us not seek to satisfy our thirst for freedom by drinking from the cup of bitterness and hatred.
We must forever conduct our struggle on the high plane of dignity and discipline. We must not allow our creative protest to degenerate into physical violence. Again and again we must rise to the majestic heights of meeting physical force with soul force. The marvelous new militancy which has engulfed the Negro community must not lead us to distrust of all white people, for many of our white brothers, as evidenced by their presence here today, have come to realize that their destiny is tied up with our destiny and their freedom is inextricably bound to our freedom. We cannot walk alone.
As we walk, we must make the pledge that we shall march ahead. We cannot turn back. There are those who are asking the devotees of civil rights, “When will you be satisfied?” We can never be satisfied as long as the Negro is the victim of the unspeakable horrors of police brutality. We can never be satisfied, as long as our bodies, heavy with the fatigue of travel, cannot gain lodging in the motels of the highways and the hotels of the cities. We can never be satisfied as long as a Negro in Mississippi cannot vote and a Negro in New York believes he has nothing for which to vote. No, no, we are not satisfied, and we will not be satisfied until justice rolls down like waters and righteousness like a mighty stream.
I am not unmindful that some of you have come here out of great trials and tribulations. Some of you have come fresh from narrow jail cells. Some of you have come from areas where your quest for freedom left you battered by the storms of persecution and staggered by the winds of police brutality. You have been the veterans of creative suffering. Continue to work with the faith that unearned suffering is redemptive.
Go back to Mississippi, go back to Alabama, go back to South Carolina, go back to Georgia, go back to Louisiana, go back to the slums and ghettos of our northern cities, knowing that somehow this situation can and will be changed. Let us not wallow in the valley of despair.
I say to you today, my friends, so even though we face the difficulties of today and tomorrow, I still have a dream. It is a dream deeply rooted in the American dream.
I have a dream that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: “We hold these truths to be self-evident: that all men are created equal.”
I have a dream that one day on the red hills of Georgia the sons of former slaves and the sons of former slave owners will be able to sit down together at the table of brotherhood.
I have a dream that one day even the state of Mississippi, a state sweltering with the heat of injustice, sweltering with the heat of oppression, will be transformed into an oasis of freedom and justice.
I have a dream that my four little children will one day live in a nation where they will not be judged by the color of their skin but by the content of their character.
I have a dream today.
I have a dream that one day, down in Alabama, with its vicious racists, with its governor having his lips dripping with the words of interposition and nullification; one day right there in Alabama, little black boys and black girls will be able to join hands with little white boys and white girls as sisters and brothers.
I have a dream today.
I have a dream that one day every valley shall be exalted, every hill and mountain shall be made low, the rough places will be made plain, and the crooked places will be made straight, and the glory of the Lord shall be revealed, and all flesh shall see it together.
This is our hope. This is the faith that I go back to the South with. With this faith we will be able to hew out of the mountain of despair a stone of hope. With this faith we will be able to transform the jangling discords of our nation into a beautiful symphony of brotherhood. With this faith we will be able to work together, to pray together, to struggle together, to go to jail together, to stand up for freedom together, knowing that we will be free one day.
This will be the day when all of God’s children will be able to sing with a new meaning, “My country, ’tis of thee, sweet land of liberty, of thee I sing. Land where my fathers died, land of the pilgrim’s pride, from every mountainside, let freedom ring.”
And if America is to be a great nation this must become true. So let freedom ring from the prodigious hilltops of New Hampshire. Let freedom ring from the mighty mountains of New York. Let freedom ring from the heightening Alleghenies of Pennsylvania!
Let freedom ring from the snowcapped Rockies of Colorado!
Let freedom ring from the curvaceous slopes of California!
But not only that; let freedom ring from Stone Mountain of Georgia!
Let freedom ring from Lookout Mountain of Tennessee!
Let freedom ring from every hill and molehill of Mississippi. From every mountainside, let freedom ring.
And when this happens, When we allow freedom to ring, when we let it ring from every village and every hamlet, from every state and every city, we will be able to speed up that day when all of God’s children, black men and white men, Jews and Gentiles, Protestants and Catholics, will be able to join hands and sing in the words of the old Negro spiritual, “Free at last! free at last! thank God Almighty, we are free at last!”

sabato 11 febbraio 2012

Sopra il tavolo o sopra al tavolo?

Sopra il tavolo o Sopra al tavolo?

Oggi al corso di Italiano per stranieri è sorto questo dubbio:
Si dice "sopra al tavolo" o "sopra il tavolo?"
Come prima cosa facciamo attenzione alla grammatica. Ecco cosa dice:

La norma grammaticale stabilisce che le preposizioni improprie “sotto” e “sopra” si uniscono direttamente al sostantivo senza altre preposizioni:
sotto il ponte;
sotto gli alberi;
sopra il tetto;
sopra il mobile.

Si impiegano, invece, le preposizioni “di” o “a” con i pronomi personali perché in questo caso “sotto” e “sopra” acquistano valore avverbiale:
sotto di (a) me;
sotto a (di) voi;
sopra a (di) essi;
sopra di (a) noi.

Ancora una volta dobbiamo ammettere che nell'uso corrente capita di sentir dire: "Metto la borsa sopra alla sedia", "Il gatto è andato sotto al tavolo", ed è considerato comunque corretto!

venerdì 10 febbraio 2012

February

FEBRUARY
Here you can find some poems about winter and February


"Winter is the time for comfort, for good food and warmth, for the touch of a friendly hand and for a talk beside the fire:  it is the time for home." 
-  Edith Sitwell


"In winter's cold and sparkling snow,
The garden in my mind does grow.
I look outside to blinding white,
And see my tulips blooming bright.
And over there a sweet carnation,
Softly scents my imagination.

On this cold and freezing day,
The Russian sage does gently sway,
And miniature roses perfume the air,
I can see them blooming there.
Though days are short, my vision's clear.
And through the snow, the buds appear.

In my mind, clematis climbs,
And morning glories do entwine.
Woodland phlox and scarlet pinks,
Replace the frost, if I just blink.
My inner eye sees past the snow.
And in my mind, my garden grows."

-  Cheryl Magic-Lady, Winter Garden

"Go to the winter woods: listen there, look, watch, and “the dead months” will give you a subtler secret than any you have yet found in the forest."
-  Fiona Macleod, Where the Forest Murmurs

"Winter, a lingering season, is a time to gather golden moments, embark upon a sentimental journey, and enjoy every idle hour."
-  John Boswell


sabato 4 febbraio 2012

Ho dovuto andare o Sono dovuto andare?


Ho dovuto andare o Sono dovuto andare?

    Questa mattina durante la lezione di Italiano per stranieri ci siamo imbattuti nei famosi verbi servili: dovere, potere, volere. Questi verbi si chiamano così perché spesso servono ad altri verbi per completarne il significato.
  • Es.: io devo andare, io posso andare, io voglio andare arricchiscono il significato di un’azione (io vado) precisandone le condizioni.
    I verbi servili ci pongono il seguente problema: nei tempi composti, come ad esempio il passato prossimo, vogliono l’ausiliare essere o l’ausiliare avere? Si deve dire ho dovuto andare oppure sono dovuto andare? La grammatica ci spiega che i verbi servili dovere, potere e volere assumono, nei tempi composti lo stesso ausiliare richiesto dal verbo che accompagnano. Perciò bisogna dire: “Io sono dovuto andare”, perché si dice “io sono andato”; ma “Io ho dovuto parlare”, perché si dice “io ho parlato”.
    In sostanza:
  • Ho mangiato → ho dovuto mangiare
  • Sono andato → sono dovuto andare
    Ho provato a spiegare anche che potrebbe essere utile guardare se il verbo che segue è transitivo o intransitivo, cioè se risponde o meno alla domanda "Chi?" "Che cosa?".
  • Sono rimasto a casa → sono dovuto rimanere a casa (rimanere è intransitivo, vuole quindi l'ausiliare esssere)
  • Ho mangiato un gelato → ho voluto mangiare un gelato (mangiare è transitivo perchè regge il complemento oggetto, cioè la parola che lo segue risponde alla domanda "che cosa?". "Che cosa ho mangiato? Un gelato)
    Ma come spesso accade, dobbiamo soffermarci un attimo a pensare alla lingua parlata e dunque diciamocela tutta la verità! Nella lingua parlata i verbi servili dovere, potere e volere spesso si ribellano alla regola. Sempre più spesso perciò si incontrano frasi come “ho voluto andare”, “ho dovuto restare” che, a norma di grammatica, dovrebbero essere “sono voluto andare”, “sono dovuto restare”.
    Riporto di seguito la lista suggerita dall'Accademia della Crusca dei verbi che vogliono l'ausilare Essere, di quelli che vogliono l'ausiliare Avere e di quelli che li accettano entrambi.
essere comparire, costare, crepare, dipendere, divampare, divenire, diventare, dolere, entrare, germogliare, intervenire, marcire, morire, nascere, parere, perire, pervenire, piacere, procedere, prorompere, rimanere, riuscire, sbocc: accorrere, andare, apparire, approdare, arrivare, avvenire, bastare, bisognare, cadere,iare, scadere, scappare, scivolare, scoppiare, sembrare, sparire, spiacere, spirare, spuntare, stare, uscire, venire ecc.;avere: aderire (a), aspirare (a), ballare, barcollare, bollire, brillare, camminare, cavalcare, cedere, cenare, contrastare, contravvenire (a), conversare, convivere, danzare, desinare, diffidare (di), digiunare, dimorare, disperare, dormire, errare, esitare, godere (di), giocare, girare, gridare, impallidire, incontrare, influire, mentire, naufragare, navigare, nuotare, passeggiare, peccare, piangere, pranzare, ridere, sbadigliare, sbagliare, smaniare, soggiornare, sognare, sonnecchiare, sputare, starnutire, sudare, tacere, tardare, tossire, viaggiare ecc.;
o
entrambi (avere per valore transitivo, essere per intransitivo): albergare, aumentare (es.: ho aumentato le spese/sono aumentata di peso), avanzare, calare, campare, cessare, cominciare, crescere, crollare, cuocere, diminuire, fallire, finire, fuggire, gelare, girare, giungere, guarire, invecchiare, mancare, migliorare, partire, passare, penetrare, ritornare, rovinare, spirare, salire, scendere, suonare, terminare, tornare.

venerdì 3 febbraio 2012

Get in/out/on/off

Get in/ out/ on/ off

Get in a car. (entrare in una macchina)
Get out of a car. (uscire dalla macchina)

Get on a bus/ train/ plane (salire su un autobus, treno, aereo)
Get off a bus...(scendere)

Es.: Sam got in the car and drove away.
A car stopped an a pretty girl got out. (A pretty girl got out of the car)
We got on the bus outside the hotel and got off in Oxford Street. (siamo saliti sull'autobus fuori dall'albergo e siamo scesi in Oxford Street).

mercoledì 1 febbraio 2012

English Breakfast

English Breakfast

If you want to prepare an English Breakfast you need the key components. They include: bacon, sausages, eggs, mushrooms, fried bread, tomatoes, baked beans, potatoes. An English breakfast may also include:orange juice, tea, buttered toast often spread with orange marmalade, and stewed prunes.
Usually the eggs are fried, but sometimes they can be poached. The bacon is often grilled until it becomes slightly crispy. Then you can add a fresh tomato, halved and grilled or if you don't have much time you can have tinned tomatoes and tinned baked beans. Hot toast completes the meal which is traditionally served with tea and orange juice, although coffee is usually also offered.